21
Nov
I produttori italiani di pasta in rivolta contro il governo: la pietra dello scandalo è un decreto di legge imposto da due Ministeri che impone chiarezza sulla provenienza del grano utilizzato per il prodotto finale.
La vicenda è la seguente. L’Aidepi (Associazione delle Industrie del Dolce e della Pasta italiane) ha presentato a inizio ottobre un ricorso al Tar del Lazio, con segnalazione alla Commissione europea, contro un decreto dei ministeri dello Sviluppo economico e delle Politiche agricole che entrerà in vigore dal prossimo 17 febbraio. In base a tale decreto, dal 2018 i produttori saranno obbligati a indicare l’origine della materia prima utilizzata per la pasta: le etichette avranno un periodo sperimentale di due anni, durante i quali sulle confezioni di pasta dovrà essere riportata la dicitura Paesi Ue, non Ue o Ue non Ue in base alla provenienza.
I ministri Maurizio Martina e Carlo Calenda hanno difeso a spada tratta il provvedimento, affiancati con fermezza dalle associazioni dei consumatori e da Coldiretti, nell’ottica di una maggiore trasparenza nei confronti dei destinatari finali e della ricerca della qualità.
Chi non ci sta sono invece i pastai, decisamente sul piede di guerra. Paolo Barilla, presidente di Aidepi, ha spiegato le ragioni dei produttori, secondo cui il decreto è da rigettare: “Non coglie l’obiettivo della trasparenza e non stimolerà l’agricoltura”. Il nodo cruciale è l’impiego di grano straniero per la produzione di pasta italiana: nel nostro Paese soltanto il 10% del grano risulta infatti di qualità eccellente, mentre il 50% è di qualità media e il resto addirittura non raggiunge la qualità di purezza necessaria per poter diventare pasta. Se dovessero utilizzare solo grano italiano per la propria pasta, le aziende nostrane vedrebbero ridurre la produzione del 30% complessivo. Di conseguenza, i produttori ricorrono alla miscelazione dei grani o alle importazioni: anche rimettendoci, perché – come sottolinea Barilla – il grano acquistato in Nord America costa il doppio rispetto a quello made in Italy.
Le associazioni dei consumatori sono però preoccupate dalla presenza di glifosato nel grano canadese e americano, che i pastai affermano comunque essere ben al di sotto dei limiti di legge. Insomma, la questione è complessa e gli sfidanti sono agguerriti: tutto verte intorno alla qualità e alla crescente richiesta di trasparenza per i prodotti alimentari, una tendenza che è destinata ad ampliarsi e che coinvolge già il settore dei salumi e dei prodotti lavorati a base di carne. Ecco perché il Salumificio Menatti mette al primo posto la selezione e la scelta attenta delle materie prime, con carni provenienti da allevamenti selezionati: i nostri salumi sono certificati, sani e genuini, oltre che buoni.