31
Ott
Tra gli alimenti di origine animale i salumi sono secondi soltanto al latte e ai suoi derivati in quanto a consumo, in modo particolare in Italia. Se fino ad oggi erano sapore e tradizione i fattori che spingevano i consumatori a optare per questi prodotti, ora arriva la conferma scientifica: i salumi sono migliorati sotto il profilo nutrizionale.
A certificarlo è una ricerca commissionata dall’ISVI (Istituto di Valorizzazione dei Salumi) e dall’ISIT (Istituto Salumi Italiani Tutelati) e realizzata dagli autorevoli istituti di ricerca INRAN (Istituto Nazionale per l’Alimentazione e la Nutrizione, oggi CRA) e SSICA (Stazione Sperimentale per l’Industria delle Conserve. L’indagin, risalente al 2011 ma attualissima, e è servita per colmare una lacuna di quasi 20 anni: risalivano infatti al 1993 le ultime analisi condotte sui dati nutrizionali dei salumi prodotti nel nostro Paese, con rilevazioni su micronutrienti, macronutrienti e altre sostanze.
E in questo lasso di tempo, i salumi sono cambiati in meglio. La ricerca ha preso in esame 19 tipologie di prodotto – dalla Bresaola della Valtellina IGP al Prosciutto cotto alta qualità, dal Salame Milano alla Pancetta arrotolata – e ha mostrato risultati incoraggianti e molto positivi per la salute. I grassi dei salumi sono diminuiti: il prosciutto cotto, per esempio, ne contiene circa la metà rispetto alla precedente rilevazione. Inoltre, i salumi italiani mostrano un buon equilibrio tra grassi saturi e insaturi (i secondi, positivi per contrastare il colesterolo, sono aumentati a discapito dei primi), senza dimenticare che per la carne di origine suina è facile la separazione dei grassi dai magri: si pensi, come esempio tipico, a una fetta di prosciutto crudo.
Nei salumi si riscontra anche una diminuzione del colesterolo, del sale e degli altri conservanti. La lavorazione dei salumi richiede sempre l’impiego del sale (lo dice il nome stesso), ma se ne impiega di meno rispetto al passato e i prodotti finali presentano migliori proprietà organolettiche. Si aggiungano lo sfruttamento di erbe e spezie aromatiche e delle loro capacità batteriostatiche e il miglioramento delle tecnologie (l’impiego di frigoriferi migliori) e il gioco è fatto.
Ad aumentare, nei salumi italiani, sono invece le vitamine: una porzione di Bresaola della Valtellina IGP, per esempio, soddisfa il 15% del fabbisogno quotidiano di vitamina B12, 50 grammi di Prosciutto Crudo coprono invece il 40% della quota giornaliera di vitamina B6. I salumi, infine, sono un’ottima fonte di minerali: quelli fondamentali come zinco e ferro, ma anche calcio, rame, fosforo e selenio. Il salame, i prosciutti e ancora una volta la bresaola forniscono all’organismo lo zinco in un modo più assimilabile rispetto a quanto possano fare gli alimenti di origine vegetale.
Il cambiamento in positivo dei valori nutrizionali dei salumi prodotti in Italia negli ultimi vent’anni sono da ricercarsi nell’evoluzione del processo di lavorazione, ma soprattutto nel miglioramento delle tecniche di allevamento e di alimentazione dei capi da cui derivano le carni lavorate. Nuovi e più accurati metodi di gestione degli animali e della loro dieta, la selezione attenta delle materie prime e i continui progressi nell’industria del settore hanno reso i salumi un autentico alimento funzionale, con ricadute positive per la salute.