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Dalle ultime dichiarazioni del ministro dell'agricoltura Gian Marco Centinaio emergono le criticità del CETA, l'accordo commerciale di libero scambio tra Europa e Canada. Il successo del trattato, a questo punto, dipende proprio dalle decisioni che prenderà l'Italia in merito.
L'accordo economico e commerciale, entrato in vigore in regime provvisorio già lo scorso settembre, prevede l'eliminazione dei dazi sui prodotti agricoli per il 90,9%, per arrivare a una percentuale superiore nei 7 anni successivi.
L'Unione Europea, inoltre, si è accordata con il Canada per importazioni a dazio zero per diversi prodotti, tra cui carni bovine e suine e mais dolce. I cambiamenti introdotti, secondo l'UE, porterebbero ad un risparmio annuo di 500 milioni di euro.
Perché il trattato entri pienamente in vigore, tuttavia, non basta il nulla osta da parte dell'UE, in quanto si tratta di un patto misto, che va ratificato dalle singole nazioni. Ciò significa che, perché assuma piena efficacia, non va approvato solo dal Parlamento europeo, ma anche da quelli dei singoli Paesi membri Con l'ingresso in scena del nuovo governo, sembra che l'Italia eserciterà il proprio potere di veto. Ecco perché.
Il Ministro Centinaio ha sottolineato che solo una piccola parte delle specialità DOP e IGP italiane viene tutelata dall'accordo: la protezione garantita dal CETA, infatti, tocca soltanto 41 prodotti su 293 (tra tutte le eccellenze gastronomiche del sud Italia compare soltanto la mozzarella campana).
Anche il presidente di Coldiretti Antonio Moncalvo vede il trattato come un pericolo per i prodotti italiani, in quanto potrebbe dare il via libera a imitazioni e contraffazioni, a partire dal cosiddetto "Parmesan" spacciato per Parmigiano Reggiano (un tipico caso di italian sounding). La questione è complessa, anche perché l'elenco dei prodotti coinvolti comprende i marchi italiani più esportati in Canada, dall'aceto balsamico ai salumi, in particolare prosciutti, lardo e mortadella.
C'è chi sostiene che l'opposizione ai trattati internazionali potrebbe rivelarsi un'arma a doppio taglio, considerando che i grandi prodotti DOP costituiscono il 95% dell'export del Made in Italy. A questo punto, non resta che aspettare di capire come si muoverà l'Italia nei prossimi mesi. Nell'eventualità in cui saltasse l'accordo, in ogni caso, potrebbe aprirsi la possibilità di stipularne uno nuovo, in linea con le richieste del governo.