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Ott
Molte specialità gastronomiche italiane hanno una storia lunga e interessante. Non fanno eccezione i salumi, apprezzati fin dall'antichità e tutelati già dal Rinascimento. Scopriamo insieme quali sono le origini di questi prodotti.
Le tecniche di conservazione della carne esistevano già nella preistoria. Si trattava, naturalmente, di lavorazioni ben diverse da quelle attuali: i cacciatori tenevano da parte piccoli pezzi di carne e li facevano essiccare al sole o al calore del fuoco per poterli consumare durante i periodi di magra.
Nell'antico Egitto e in Grecia cominciò la produzione di carne insaccata. Sono diversi i documenti che lo attestano: la testimonianza più prestigiosa la troviamo nell'Odissea, dove si descrive la realizzazione di un insaccato fatto di grasso e sangue. Ne parla anche Ippocrate in uno dei suoi scritti, nel quale consiglia il consumo della carne di maiale perché particolarmente digeribile e nutriente.
Il successo dei salumi in Italia è molto più antico di quanto si possa pensare: in epoca etrusca e romana si conservavano sotto sale diversi tipi di carne, non solamente suina. Con il tempo, però, trovarono una particolare diffusione la carne di maiale e quella di cinghiale, facilmente reperibili e adatte a questo tipo di lavorazione. Dopo la salagione, i salumi venivano fatti asciugare e stagionare per diversi mesi all'interno di botti di legno, come documentano Catone il Censore e il poeta Orazio.
Nel Medioevo i salumi (e in particolare il prosciutto) erano ampiamente conosciuti e apprezzati. In questo periodo, a Bologna, rifiorì la produzione di Mortadella, che per molto tempo era stata abbandonata. Sono medievali anche le prime testimonianze della produzione di Speck in Trentino-Alto Adige, un salume molto particolare perché veniva fatto stagionare con le modalità note anche nel Mediteraneo, ma anche affumicato come si faceva tradizionalmente nel nord Europa.
Bisogna aspettare il Rinascimento per vedere la nascita di Corporazioni dedicate alla regolamentazione della produzione di salumi, come i Salaroli di Bologna o i Lardaroli di Parma. In questo periodo storico cominciarono ad essere tutelate le specialità tipiche di ogni zona e le ricette tradizionali, a volte in maniera molto rigida. Basti pensare che, secondo il provvedimento del cardinale Girolamo Farnese, l'utilizzo di carni o spezie diverse da quelle consentite (come sale, cannella, noce moscata, ma anche Malvasia e muschio) costituiva un vero e proprio reato. Questo scritto è noto come il primo esempio al mondo di tutela di una specialità gastronomica.
I salumifici continuarono a sopravvivere come realtà artigianali fino al diciannovesimo secolo, quando nacquero i primi laboratori semi-industriali. Negli anni a seguire, le nuove tecnologie permisero di organizzare meglio la lavorazione e la distribuzione, dando vita a un nuovo tipo di commercio. Anche la Bresaola, a partire da una produzione esclusivamente familiare, cominciò a farsi conoscere come prodotto di punta della tradizione valtellinese.
A partire dagli anni '60 del Novecento in tutta Italia si svilupparono molti salumifici industriali. Quelli più attenti alla preziosa eredità della tradizione artigiana che li precedeva riuscirono a integrare gli insegnamenti del passato e l'amore per l'arte salumiera all'interno delle nuove modalità di produzione.
Fu questo il caso del Salumificio Menatti, che il suo fondatore trasformò da piccolo laboratorio artigianale a stabilimento industriale specializzato. Questo cambiamento non gli impedì di mantenere inalterata la filosofia dell'azienda, dalla ricerca della qualità senza compromessi alla creazione di alimenti genuini ed equilibrati. Questo è il segreto della bontà dei nostri salumi, che oggi sono conosciuti ed apprezzati ben oltre i confini della Valtellina.