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Gli anni della crisi sembrano ormai essere acqua passata per il settore agroalimentare, che sta registrando una netta ripresa. L’export del cibo italiano, infatti, è in crescita e sta incontrando risultati decisamente migliori rispetto agli altri Paesi europei.
Pochi giorni fa, l’ISMEA (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare) ha presentato un rapporto dedicato alla competitività dell’agroalimentare italiano nel mondo. Ciò che ne emerge è il ruolo fondamentale che queste attività svolgono all’interno dell’economia nazionale. Le imprese agroalimentari del nostro Paese, infatti, producono 41 miliardi di euro di esportazioni, offrendo lavoro a quasi 1,5 milioni di persone.
Ad essere in crescita sono sia la produttività che la qualità dei prodotti. Da alcuni anni a questa parte, sono aumentate significativamente le aziende attente alla produzione biologica e i prodotti a cui sono stati riconosciute le indicazioni DOP e IGP. La Bresaola della Valtellina Menatti, con il suo marchio garantito, ne è un esempio. Proprio la tutela di queste specialità è al centro delle politiche del settore, perché costituisce la carta vincente del cibo italiano nel mondo.
Il Made in Italy nel settore agroalimentare ha ottenuto il primato storico delle esportazioni in Europa, seguito da Francia e Spagna, che rispetto all’Italia presentano ancora segnali di debolezza anche rispetto al livello di efficienza e tecnologia all’interno delle aziende.
La frutta risulta tra i prodotti più apprezzati: mele e uva italiane costituiscono il 35% dell’export europeo di questi prodotti, mentre i kiwi arrivano al 47% e le nocciole al 61%. Anche i prodotti trasformati ad alto valore aggiunto come la pasta, le conserve di verdura, i latticini e i salumi mantengono una posizione di assoluto rilievo nelle esportazioni internazionali.
Oltre agli storici importatori di prodotti agroalimentari italiani, poi, si aggiungono all’elenco Bulgaria, Romania, Ucraina, Brasile, Marocco e Cina.