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La carne italiana non contiene antibiotici, ormoni, pesticidi e altre sostanze pericolose per la salute umana. Questa non è un’affermazione di parte bensì un’autentica certezza supportata da evidenze empiriche – controlli, test e verifiche effettuate su prodotti italiani e europei – e garantita da normative comunitarie istituite a tutela della salute dei consumatori. Dopo quelle sulla presenza di nitrosammine e sull’aumento del rischio Alzheimer, sfatiamo quindi altre fake news su carni e salumi.
La presenza di ormoni della crescita nella carne è una notizia – o quantomeno un timore – che si sente spesso circolare, ma si tratta di una leggenda metropolitana classificabile oggi come vera e propria fake news. L’Unione Europea già da diversi decenni ha infatti vietato l’utilizzo di ormoni come promotori di crescita negli allevamenti finalizzati alla macellazione: i primi furono gli allevamenti bovini, oltre 50 anni fa, poi il provvedimento fu esteso nel 1981 a tutte le specie animali.
Questo significa che la carne e i salumi che provengono da allevamenti italiani o europei sono assolutamente sicuri e non ottenuti da materie prime trattate con ormoni, grazie anche ai controlli frequenti e rigorosi lungo tutta la filiera (ultimo, in ordine di tempo, il provvedimento per l’indicazione d’origine obbligatoria in etichetta per i salumi made in Italy).
Diversa è invece la situazione negli Stati Uniti, dove è possibile trovare carne con ormoni della crescita perché la legislazione americana lascia la possibilità di usare sostanze anabolizzanti negli allevamenti animali e il trattamento con ormoni nei bovini da carne è diffuso, per rendere le carni più tenere e aumentare i volumi produttivi. Tuttavia, a tutela della salute dei consumatori e dei cittadini, l’Unione Europea ha istituito il divieto di importazione di carne di manzo dagli Stati Uniti per evitare di poter commercializzare e consumare carne con ormoni promotori di crescita.
Un’altra bufala su carni e salumi è quella secondo cui la carne può contenere antibiotici. Anche in questo caso si tratta di preoccupazioni e allarmi assolutamente infondati, perché esistono specifiche normative che vietano l’utilizzo di antibiotici negli allevamenti a scopo preventivo (vale a dire per prevenire patologie e stimolare la crescita dei capi): una legge del 2006 dell’Unione Europea ha istituito tale divieto per tutti gli allevamenti europei, individuando 24 principi attivi non somministrabili agli animali.
L’uso di antibiotici negli allevamenti è autorizzato esclusivamente per scopo terapeutico, per la cura di eventuali malattie degli animali, ma anche in questo caso le normative comunitarie hanno fissato diversi paletti per gli allevatori: innanzitutto è necessaria la prescrizione di un medico veterinario per poter somministrare farmaci antibiotici agli animali da allevamento; inoltre prima della macellazione è necessario rispettare uno specifico tempo di sospensione, che serve agli animali per smaltire l’antibiotico definitivamente in maniera tale da non trovarne più alcuna traccia nella carne, ma anche nel latte e nelle uova. I controlli e le verifiche effettuate regolarmente a supporto dell’obbligo normativo sono ulteriore garanzia della qualità e sicurezza di carni e salumi di origine italiana ed europea.
Vi è infine il timore diffuso che la carne e le carni trasformate che arrivano sulla nostra tavola possano essere oggetto di contaminazioni derivanti non da sostanze somministrate direttamente agli animali – come appunto ormoni e antibiotici – bensì da sostanze pericolose provenienti dall’ambiente. I cosiddetti contaminanti ambientali sono per esempio pesticidi e OGM potenzialmente contenuti nei mangimi degli animali. Tuttavia anche questa preoccupazione è infondata: lo testimoniano i ripetuti controlli sui mangimi animali condotti in Italia ma anche nel resto d’Europa, dove la strategia From farm to fork promossa dall’Unione Europea ha esteso e rafforzato le verifiche all’intera filiera di produzione alimentare. I risultati di questi controlli a livello nazionale hanno dato esiti confortanti: solo dallo 0,1% dei campioni analizzati è emersa una non conformità ai parametri di sicurezza e qualità della carne.