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Il mondo dei salami è un universo estremamente ricco e variegato, che comprende al proprio interno una miriade di prodotti insaccati a base di carne principalmente di maiale (ma esistono anche salami con carni di asino, salami di selvaggina, di pecora e persino di cavallo): ogni regione d’Italia può vantare una o più varietà di salame tradizionale, e oltre a quelli di produzione industriale ormai oggi codificati bisogna considerare anche un grandissimo numero di salami artigianali di origine locale.
Insomma, dire salame è troppo generico: e se i pregiati salami Menatti (salame nostrano, salame Milano, Spianata dolce e piccante, salame Campagnolo, Ventricina, salsiccia piccante e Salametto) li abbiamo descritti in questo articolo, oggi passiamo in rassegna i restanti salami più famosi e diffusi.
Il salame di macina fine con una leggerissima affumicatura a freddo è notoriamente conosciuto con il nome che lo lega al Paese magiaro, ma recentemente sono emersi indizi storici che riporterebbero la primogenitura dell’insaccato in Italia, più precisamente in Friuli. Qui, soprattutto dalla zona di Pordenone, nell’Ottocento i rapporti con l’Ungheria erano molto fitti, data la comune appartenenza all’impero austro-ungarico: così molti lavoratori stagionali friulani partivano regolarmente alla volta di Budapest per trovare impiego come scalpellini o muratori.
Pare che tra essi ci fu anche Giovanni di Budoia, il quale esportò in terra ungherese l’abitudine di farsi il salame in casa e di portarlo come pasto al lavoro: la cosa incuriosì moltissimo i colleghi locali, finché la fama del panino al salame di “zio Giovanni” incontrò la vena imprenditoriale dei fratelli Dozzi (altri friulani, che si imparenteranno poi con lo stesso Giovanni), che diedero vita a dei grandi stabilimenti a Budapest per produrre il salame: salame ungherese, appunto, ma con fortissime origini italiane.
Il salame cacciatore è la denominazione popolare e più comune per definire un salame a marchio DOP che oggi è codificato come Salamini italiani alla cacciatora: salamini stagionati di piccole dimensioni che solitamente si presentano legati in filza e sono chiamati anche con il diminutivo di cacciatorini.
Il nome cacciatore per questo salame deriva proprio dalla figura dei cacciatori dell’antichità – si parla addirittura di origini etrusche per questo insaccato – i quali erano soliti portare con sé direttamente in tasca un salame molto piccolo da poter mangiare durante le battute di caccia. Questo impiego spiega, oltre alla pezzatura ridotta del salume, le particolari proprietà gustative e nutrizionali del salame cacciatore: saporito e concentrato, è un insaccato che fornisce un elevato apporto proteico, di sali minerali e di vitamine, particolarmente adatto per reintegrare naturalmente le energie dopo lo sforzo fisico (anche se lo sport praticato non è la caccia).
Scopri la nostra versione di salame cacciatore: il Salametto Menatti
No, il gatto ha nulla a che fare con il nome di questo insaccato. Il salame felino si chiama così perché è originario del paese di Felino in provincia di Parma, una terra con una ricca tradizione di salumi (dove si trova anche il Prosciuttificio Cerreto del Salumificio Menatti: clicca qui per saperne di più): la denominazione salame di Felino è spesso abbreviata e da qui nasce il possibile dubbio, ma l’unico animale che ha a che vedere con questo insaccato è il suino. Per realizzare il salame felino si utilizza infatti un taglio particolare di carne suina, ovvero il sottospalla, la cui qualità è il segreto del sapore delicato del salume, mentre per il budello naturale gentile tipico di questo insaccato si ricorre a una parte dell’intestino. Il salame Felino è un salume IGP ed è strettamente legato al proprio territorio di origine e produzione.