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Le moderne produzioni industriali dei salumifici rendono oggi disponibili sulle nostre tavole salumi e insaccati in tutti i periodi dell’anno. Questo accadeva anche nei secoli passati, ma in virtù della saggezza e lungimiranza contadina: sin dalle origini della norcineria (scopri come nasce il norcino e la salumeria a Norcia) si usava produrre il salame una volta all’anno, in un periodo ben preciso, in modo da conservare le carni di maiale per lungo tempo e averle disponibili per tutti i mesi seguenti. Scopriamo meglio i tempi della lavorazione del salame.
Il giorno in cui i contadini facevano il salame era tradizionalmente il 17 gennaio. È il giorno della festa di Sant’Antonio e rappresentava nel mondo rurale antico il limite temporale entro cui iniziare la lavorazione della carne di maiale. Nei secoli scorsi, infatti, il problema principale per la conservazione delle carni era rappresentato dalle temperature e – per quanto i nostri antenati si ingegnassero trovando modi e luoghi per conservare il cibo (dalla conservazione sotto sale alle grotte naturali) – in assenza di energia elettrica e di frigoriferi era fondamentale scegliere il periodo più freddo dell’anno per lavorare i prodotti a base di carne come i salumi.
Le fasi della lavorazione del salame richiedono infatti temperature non elevate durante la macinatura e l’impastatura delle carni e la miscelazione delle spezie che vengono aggiunte all’impasto di carni suine. E anche una volta insaccato in budello naturale, come avveniva in passato (scopri i tipi di budello per i salumi), il salame necessita di un adeguato livello di umidità a cui poter maturare: le condizioni di temperatura e umidità costanti e controllate sono infatti uno dei segreti per la stagionatura ottimale del salame, che può durare da 4 settimane fino a due mesi, e per la formazione delle muffe benefiche sulla superficie del salame.
Se il periodo dell’anno per la lavorazione artigianale del salame coincideva quindi con i mesi di gennaio e febbraio, c’era però un ulteriore fattore che i nostri antenati tenevano ben in considerazione quando si trattava di lavorare i prodotti della terra e del mondo animale: le fasi della luna. La saggezza popolare conosceva l’influenza del ciclo lunare sugli stati e l’evoluzione della natura e si regolava di conseguenza anche per la lavorazione di carni e salumi.
L’uccisione e macellazione del maiale – che come detto avveniva una sola volta all’anno – doveva essere effettuata in fase di luna calante, ovvero nel periodo successivo alla luna piena, poiché secondo la convinzione popolare ereditata dai primi norcini e salumieri la conservazione della carne in fase di luna crescente risultava menu durevole in virtù della presunta influenza della luna sulla quantità di acqua presente nella carne. Allo stesso modo, e per gli stessi motivi, la fase migliore del calendario lunare per la produzione e lavorazione del salame era quella di luna calante.